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Cappella di Santa Maria dei Martiri

Altare Maria Martiri
Antonio Abate

 

L’altare, terzo della navata destra, esibisce un vero capolavoro pittorico: il trittico della Madonna dei Martiri, opera autografa del pittore gallipolino Gian Domenico Catalano, datata 1614, così come si ricava da un cartiglio presente, in basso, nella pala destra.

(HOC SIMULACRU(M) DEIPARAE MARIAE (ET) MARTIRIBUS DICATU(M) MAXENTIUS S(ACRAE) T(HEOLOGIAE) D(OCTOR) / ET D ANTONIUS BOLOGNA FRATRES QUORUM = / RUM EFFIGIES HAE SUNT TAM FABRE FACIEM / CURARUNT A. D MDCXIV (“I fratelli Don Massenzio, dottore in sacra teologia, e Don Antonio Bologna, i cui ritratti sono questi, fecero realizzare così artisticamente questa immagine dedicata a Maria Madre di Dio e ai Martiri nel 1614”). I due fratelli fecero, inoltre, costruire l’altare con legato della sorella Natalizia Bologna. Tale legato fu poi ceduto a favore dell’illustrissimo Principe di Squinzano Gabriele Agostino Enriquez. Presso tale altare c’era una sepoltura, che spettava agli eredi del Principe, aventi diritto per successione. Ciò risulta dalla Visita pastorale di Mons. Fabrizio Pignatelli dell’anno 1698. L’opera pittorica fu commissionata dai fratelli Don Massenzio e Don Antonio Bologna, le cui immagini sono dipinte in basso dei due dipinti collocato nelle pareti laterali dell’altare. Nel verbale della Visita Pastorale di Mons. Luigi Pappacoda del 5 maggio 1640, è scritto “… quorum imagines sunt in calce Iconae depictae”.

Nella pala centrale (cm. 355 x 236) la Madonna e il piccolo Gesù sono seduti su una nuvola, mentre dall’alto scendono due angeli, che incoronano la Vergine. Lo sguardo di entrambi si rivolge alla fitta schiera di martiri, che si dispongono a esedra, raggruppati su due piani paralleli, intorno alla Vergine col Bambino.

Ognuno di essi tiene in una mano la palma del martirio, nell’altra l’attributo che lo contraddistingue; si riconoscono, infatti, in primo piano, Santo Stefano con le pietre in mano e Santa Caterina con la ruota, Santa Lucia con gli occhi esposti su un calice e Sant’Agata con un seno stretto in una tenaglia. Il trittico è stato restaurato di recente e, proprio durante i lavori, tra i volti delle due Sante poste alle spalle di Santa Lucia, nella pala centrale, è stato scoperto quello di santa Cecilia. Si tratta, probabilmente, di un ripensamento del pittore, che, poi ha raffigurato la Santa più in alto, con un organo portativo nelle mani. Nella pala destra (cm. 191 x 160) compaiono tre figure in primo piano su uno sfondo paesaggistico: Sant’Antonio Abate, Sant’Antonio da Padova e un altro Santo non identificabile, mentre, in basso, a destra, il ritratto di uno dei fratelli Bologna.

Nel paesaggio alle spalle dei tre Santi, secondo Agostino Papa, la grande torre rotonda, affiancata da due torri quadrate più piccole, costituirebbe quello che si dice sia stato il “castello” della Famiglia Moretti, che sorgeva, un tempo, verso la fine di via Fontanelle, già dell’osanna, oggi Via Diaz. Sulle sue rovine il dott. Pasquale Russi edificò, nei primi anni del Novecento, un bel palazzo, che, ancora oggi si può ammirare in via Diaz. Altri invece credono, si tratti di un paesaggio immaginario). Nel pannello sinistro (cm. 191 x 160) sono raffigurati San Carlo Borromeo e, ai lati, San Francesco d’Assisi e un Santo vescovo, mentre in basso, a destra, compare il ritratto dell’altro fratello Bologna.

I personaggi hanno tutti lo sguardo rivolto in alto: a sinistra, verso l’immagine della Vergine (tela centrale del trittico), la mano sinistra di San Carlo è appoggiata al petto mentre la destra indica uno dei committenti, forse Massenzio Bologna, in atto di pregare.

Nei preziosissimi cromatismi di queste pale, nella resa degli effetti serici (si noti ad esempio, la preziosità dei tessuti delle vesti di Santo Stefano e di Santa Caterina) e nel tono devozionale, è evidente la formazione, tardo- manieristica del pittore. È un’immagine devozionale, eseguita secondo i canoni controriformistici, piena di garbo e di fascino nella leggerezza delle forme e nella sinuosità capricciosa della linea, elementi, questi, di una delicatezza sentimentale tale, da attenuare la pesante atmosfera della chiesa tardorinascimentale.

[ Credits ]

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