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Cappella della Madonna del Rosario

San Giuseppe
Cappella della Madonna del Rosario
San Antonio da Padova

 

Nel lato destro del transetto si apre il cappellone della Madonna del Rosario. L’altare, adorno di stucchi dorati, eseguiti nel 1765, da Carlo Francesco Cassina Milanese, è collocato al centro ed è dedicato alla Madonna del Rosario. Presso quest’altare, nel 1573, fu eretta la Confraternita di Maria Santissima del Rosario (estintasi nel 1830), con diritto a due sepolture. In un verbale di una Visita Pastorale del Vescovo di Lecce Fabrizio Pignatelli è, infatti, scritto che “… duae sepolturae, pro confratribus et consoribus”. Nel 1951 presso quest’altare è stata eretta la Confraternita della Beatissima Madonna del Monte Carmelo, così come conferma la presenza di un diploma qui affisso, a firma del Priore Generale dell’ordine Carmelitano. La confraternita, a Squinzano, risulta estinta.

Al centro dell’altare, figura únatela (cm. 376 x 255) dipinta nel 1773 dal Servo di Dio Ingrosso, che così firma in basso: Servus Dei Ingrosso a Campiis Ping (eb) at 1773. Nella tela, nota a molti studiosi locali, il pittore ripropone, in un’ennesima variante, un soggetto molto sfruttato dalla tradizione iconografica: la Madonna che porge la corona del rosario a San Domenico da Guzmàn. La Vergine è assisa su una nuvola con in braccio Gesù, mentre dona la corona del Rosario al Santo, che è genuflesso e nell’atto di riceverla. Accanto, in basso, è raffigurato il globo terrestre e un cane che reca tra le fauci un cero, simboli della presenza di Cristo sulla Terra. In primo piano, davanti al Santo, il libro delle Sacre Scritture e il giglio, emblema di purezza e del culto tributato alla Vergine. Inoltre, nella parte inferiore del quadro, in quindici medaglioni, sono illustrati i Misteri del Rosario (Annunciazione, Visitazione, Nascita di Cristo, Presentazione di Gesù al Tempio, Gesù parla tra i Dottori, Orazione nell’orto, Flagellazione, Cristo coronato di spine, Salita al Calvario, Crocifissione, Resurrezione, Ascensione, Discesa dello Spirito Santo, Assunzione, Incoronazione di Maria). Nell’opera si osserva una certa ariosità nell’impostazione, una disinvolta articolazione dei volumi, un sereno trapasso dei toni. Al di sotto della tela, originariamente, c’era un ovale con l’immagine di San Pantaleone; ciò risulta dal verbale di una Visita Pastorale del 24 settembre del 1822 del vescovo Nicola Caputo.

Sogno di San Giuseppe Dal verbale di una Visita Pastorale del Vescovo Nicola Caputo del 1822 risultano censiti, ai lati del cappellone, due altari non più esistenti: a sinistra, l’altare di San Giuseppe, dove, attualmente, da una piccola porta si accede alla sagrestia, sono collocati tre dipinti: Il sogno di San Giuseppe, Il Transito di San Giuseppe e La Vergine del Presepe. A destra c’era l’altare di Sant’Antonio da Padova, dove attualmente sono collocati tre dipinti raffiguranti San Vito Martire, Sant’Antonio da Padova e San Francesco da Paola.San Francesco da Paola

Le due tele ovali, “Il sogno di San Giuseppe” e “Il transito di San Giuseppe”, in pèndant tra loro, dipinte ad olio, misurano circa cm. 115 x 77 e sono attribuite a Francesco Martena, che le avrebbe realizzate nella seconda metà del XVII secolo.

Nella prima opera San Giuseppe è raffigurato mentre dorme, poggiato su un basamento e stringe nella mano sinistra il bastone fiorito. In basso, due angioletti reggono in mano, simbolicamente, una sega e un giglio. In alto, a destra, in una grande nuvola, un angelo, avvolto in un rosso mantello svolazzante, indica il Santo. Il secondo dipinto raffigura San Giuseppe moribondo, disteso; è coperto da un mantello color ocra, con gli occhi strabuzzati, la bocca socchiusa e la mano destra appoggiata al petto. Alle sue spalle, Gesù, rischiarato da una tenue luce, lo guarda e con l’indice sembra indicare il divino. Accanto a lui, in ginocchio, Maria nell’atto di asciugarsi le lacrime dal volto. In primo piano, la cesta con gli attrezzi da falegname e un angioletto che reca nella mano destra un candido giglio e addita il Santo.

La Vergine del presepe è il terzo dipinto (olio su tela di cm. 204 x 131) della parte sinistra del cappellone, anche questo attributo al maestro Francesco Martena realizzato nella seconda metà del XVII secolo. La scena, al chiuso, raffigura la presentazione del Gesù. La parte superiore del dipinto è animata da angioletti festanti e putti alati. Al centro, in piedi, San Giuseppe stringe nella mano sinistra il consueto bastone fiorito e con la destra indica ai presenti adoranti, il neonato Gesù, adagiato su un tavolo in un candido lenzuolo, e sostenuto da Maria. In primo piano, a sinistra, è raffigurato un uomo barbuto in ginocchio, che dona un cesto e, alle sue spalle, estasiato, un altro incrocia le robuste braccia al petto. In basso, a destra, il bue e l’asinello. In alto, una finestra aperta lascia intravedere alcuni edifici. Sullo sfondo, attraverso un arco, una figura femminile incede, recando sul capo un cesto di panni. Il dipinto era collocato sull’altare della SS. Vergine del Presepe, più tardi intitolato a Sant’Oronzo. L’opera è molto somigliante alle due tele ovali, dipinte anch’esse dal Martena, trafugate la notte del 17 maggio del 2004 dalla Chiesa dell’Annuziata di Squinzano e non più ritrovate: L’Adorazione dei Magi e L’Adorazione dei Pastori.

Nella parte destra del Cappellone, dove sono collocati la tela di S. Antonio da Padova e i due ovali, raffiguranti, rispettivamente, San Francesco da Paola e San Vito Martire, vi era l’altare di Sant’Antonio da Padova, di patronato della famiglia Serrati, alias Carritelli, così come riportato nel verbale della visita pastorale del 1640 del vescovo Luigi Pappacoda (…de iure patronatus ut asseritur familiae Serrati, alias Carritelli…) dove l’altare viene menzionato per la prima volta. Nel verbale stilato dallo stesso Vescovo, trentanni dopo, si legge invece: “… Exat icona depicta decenter in tela Beatissimi Antonii de Padua…”

Il dipinto (olio su tela di cm. 207 x 126), realizzato prima del 1670 da autore ignoto, anche se qualche fonte locale lo attribuisce a Simon Papa senior, riproduce l’iconografia classica del Santo: in ginocchio, adorante, il Bambin Gesù, assiso su una nuvola, alla presenza di cherubini che osservano la scena. In primo piano, uno di essi, a figura intera, regge il giglio, simbolo di purezza.

I due dipinti ovali, raffiguranti San Francesco da Paola e San Vito Martire (oli su tela, il primo di cm 116 x 67, il secondo di cm. 110 x 63), sono stati realizzati da autore ignoto, nel secolo XVII.

San Vito è rappresentato con una tonaca bianca, i calzoni blu aderenti fin sotto al ginocchio, un mantello rosso e gli stivali. Il volto è quello di un giovane dai capelli biondi ondulati, incoronato come un principe. Nella mano destra stringe il Crocifisso, mentre la sinistra, portata al petto, regge la palma del martirio. Accanto una muta di cani, simbolo del suo protettorato; sullo sfondo, un paesaggio marino.

Il dipinto ripropone l’iconografia convenzionale del Santo, invocato contro il morso di animali idrofobi e velenosi. La versione tedesca, invece, lo rappresenta immerso nell’olio bollente.

Nel dipinto in cui è raffigurato San Francesco da Paola è proposto l’episodio miracoloso dell’attraversamento del Santo, su un mantello, delle acque perigliose dello Stretto di Messina. Il Santo, patrono della gente di mare, conseguì un certo successo votivo nel Salente, tanto da essere stato annoverato, dal 1648, tra i protettori della Città di Lecce.

[ Credits ]

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